EXPLORE
LOCAL,
PROTECT
GLOBAL

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Un progetto
per riscoprire finalmente
in modo sostenibile
la meravigliosa natura,
a pochi passi da noi.

Il periodo di isolamento forzato imposto dall’emergenza sanitaria ci ha impedito di viaggiare per un po’, ma ha anche instillato in noi l’esigenza di ritornare all’aperto, nella natura, tra le montagne. Ora che ci apprestiamo a tornare gradualmente alla normalità per quanto riguarda i viaggi tra regioni e stati, abbiamo pensato che il concetto di “Explore Local, Protect Global (esplorazione locale, protezione globale)” fosse il messaggio giusto da condividere: ritornare alla natura riscoprendo la bellezza e i luoghi vicini a noi, con la possibilità di instaurare con essi un legame, apprezzare ciò che abbiamo senza doverci recare lontano, riscoprire una nuova dimensione di viaggio, rispettare il territorio e adottare altre scelte sostenibili per proteggere l’ambiente e gli altri.

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ABBIAMO QUINDI DECISO DI INIZIARE IL NOSTRO PROGETTO DAI MONTI SIBILLINI, UNA CATENA MONTUOSA SITUATA TRA MARCHE E UMBRIA, UNA TERRA DI LEGGENDE E MAGIA NEL CUORE DELL’ITALIA CENTRALE.

Il punto di partenza della nostra avventura è Forca di Presta, uno dei luoghi più suggestivi dell’Appennino umbro-marchigiano, a 1.550 metri sul livello del mare.

Decidiamo di trascorrere la notte qui per goderci uno spettacolare tramonto il cui straordinario gioco di luci all’imbrunire illumina la piana di Castelluccio e l’intera catena dei monti Sibillini, e ci prepariamo a iniziare il nostro viaggio la mattina successiva, accompagnati da una splendida alba sull’Adriatico. Questa zona fa parte del Parco Nazionale e per preservare il territorio e la fauna, il bivacco è consentito solo in aree apposite. Cerchiamo dunque un punto in cui rilassarci, montare la tenda e goderci una notte stellata tra la natura.

Sebbene prima del 1300 accamparsi aveva l’obiettivo di scoraggiare l’ingresso alla zona, questo è l’accesso più meridionale e diretto alla catena montuosa. Decidiamo dunque di sfidare la leggenda e iniziare il nostro viaggio da qui. La salita ci risulta facile e rapida: il percorso è a volte ripido, a volte scosceso, a volte dal fondo roccioso, ma offre da un lato una suggestiva vista su Castelluccio, dall’altro un affaccio sulle rovine dei borghi medievali purtroppo distrutti dal terremoto del 2016.

Raggiungiamo la cima delle Ciaule e poi continuiamo la discesa verso il lago di Pilato, un luogo di maghi e negromanti in cui si dice sia caduto il carro trainato dai buoi che trasportava il corpo di Ponzio Pilato. Proprio a causa di questa leggenda, già nel Medioevo il lago era diventato un luogo maledetto e le autorità ecclesiastiche ne avevano bandito l’accesso per contenerne i poteri demoniaci. In realtà è un lago di origine glaciale sotto il Monte Vettore in cui vive il chirocefalo del Marcheson, un piccolo crostaceo rosso primitivo ed endemico del luogo che purtroppo è a rischio di estinzione a causa delle gravi siccità degli ultimi anni. È triste vedere il lago quasi prosciugato e ormai ridotto a due piccoli stagni (per questo è anche detto “il lago con gli occhiali”) e constatare come i mutamenti climatici stiano trasformando rapidamente alcuni luoghi del nostro pianeta, bello ma fragile.

CONTINUIAMO IL NOSTRO VIAGGIO E IL PAESAGGIO INIZIA A CAMBIARE.

Passiamo dall’ambiente austero della Valle del Lago, tutto creste rocciose e ghiaia, ai ripidi ma verdeggianti e fioriti versanti che attraversiamo nel dirigerci verso il Priora prima e Pizzo Berro poi. La valli sotto di noi, rivolte a nord est, sono rigogliose e lussureggianti.

Il contrasto tra le creste aspre, dove il vento infuria in continuazione, e le valli in cui l’acqua e la vegetazione abbondano, trova una fusione perfetta nelle gole dell’Infernaccio. Qui una stretta gola si snoda tra alte guglie di roccia, da Passo Cattivo a Monte Fortino, ed è attraversata da un torrente che scorre tra cascate e rocce a volte in modo impetuoso, a volte tanto delicato da non fare quasi rumore.

La vegetazione è di un verde incredibile, la faggeta traccia linee perfette, il muschio sui tronchi degli alberi sembra dipinto. Qui si ha la sensazione che sia tutto in ordine ed equilibrio. Tuttavia, anche se una delle tante frane avvenute in seguito al terremoto del 2016 ha bloccato il corso del ruscello creando un laghetto, l’area dell’Infernaccio (al contrario di quanto si potrebbe pensare dal nome) infonde un senso di pace, serenità e profonda connessione con la natura. È davvero una vista splendida.

Tornare in vetta dopo così tanti chilometri è abbastanza impegnativo perché le differenze di altezza sono importanti, ma arrivare nella parte più settentrionale è l’obiettivo che ci diamo prima di tornare indietro. Pizzo Berro, la cui cima è caratterizzata da rocce che sembrano lame affilate, è l’ultima vetta che decidiamo di scalare.

Da qui si gode di una vista pazzesca del Monte Bove, dove si possono ammirare i camosci, la Val di Panico e il Priora, mentre a sud è possibile scorgere tutto il sentiero percorso negli ultimi giorni. Più giù ci sono le gole dell’Infernaccio, che guardiamo dall’alto, e sopra di loro il Sibilla, la vetta da cui prende il nome l’intera catena montuosa.

SECONDO LA LEGGENDA, SULLA SUA CIMA SI TROVA L’INGRESSO ALLA GROTTA DELLE FATE.

Si dice che la Sibilla fosse circondata da numerose fate che di notte vagavano tra i monti e le valli per incontrare i giovani pastori e insegnare l’arte della filatura della lana alle fanciulle.

Secondo la leggenda, quando un umano incontrava una fata acquisiva il dono dell’immortalità e, allontanato dal mondo dei mortali, era obbligato a vivere nel mondo incantato della Sibilla e a uscire a sua volta solo di notte.

Scendiamo verso Monte Rotondo, dove l’erba accarezzata dal vento, in contrasto con la luce bassa di un altro tramonto, rende il paesaggio molto suggestivo. Dopo oltre 40 chilometri a piedi raggiungiamo il rifugio di Fargno soddisfatti, prendiamo le nostre bici elettriche, accendiamo i fari anteriori e ritorniamo verso Castelluccio.

IL VIAGGIO DI RITORNO PER LA PIANA DI CASTELLUCCIO È IMPERDIBILE: È GIUGNO, IL MOMENTO DELLA FAMOSA FIORITURA DELLE LENTICCHIE.

La distesa è come un quadro dai mille colori, dove le fasce di diverse tonalità si susseguono come pennellate spesse ma delicate sulla superficie della Terra. In una parola, magnifico.

MA ANCORA PIÙ BELLO È IL CLASSICO FENOMENO DELLA NEBBIA CHE AMMIRIAMO ALL’ALBA.

Lasciando la tenda scorgiamo i Monti Sibillini, simili a isole, spuntare dalla bruma bianca che ricopre la piana. C’è un che di etereo che conferisce alle montagne un aspetto misterioso ma leggero: la nebbia fluttua sulle loro pendici, come a volerle accarezzarle.

I Monti Sibillini sono un luogo di meraviglie e misteri, leggende e magia. Siamo stati così fortunati da averli potuti ammirare in tutto il loro splendore in questo viaggio all’insegna della sostenibilità e del rispetto dell’ambiente. Ci siamo spostati a piedi o in bici elettrica, abbiamo utilizzato un’attrezzatura sostenibile e senza plastica (dalle boracce ai pannelli solari con cui abbiamo ricaricato i dispositivi), e abbiamo trascorso la notte in una tenda a strettissimo contatto con la natura. Ora dobbiamo andare, ma torneremo presto per raccontare il prossimo viaggio del nostro progetto “Explore Local, Protect Global”. Le frontiere si apriranno gradualmente e cresce in noi il desiderio di esplorare il nostro splendido Paese.
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ALLA PROSSIMA!

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